Il pulcino Galileo
Autore: Alessandra Sartori
Illustrazioni: Antony Fachin
I bambini hanno la fortuna di riuscire a imparare una lingua senza rendersene conto, in modo altrettanto naturale come quando imparano a camminare. Ma se camminare consente loro di conquistarsi l’autonomia fisica, solo l’uso della parola riesce davvero a mettere loro le ali, permettendo loro di andare al di là delle realtà fisiche, grazie al potere delle parole. Accedendo al mondo dei simboli, il bambino impara a volare, come un pulcino.
In un mondo in cui le differenziazioni linguistiche diventano sempre più sfumate è buona regola anticipare questo passaggio verso mondi e culture diverse, sensibilizzando i bambini alla pluralità linguistica e dei rapporti di vicinato. Imparare una lingua straniera significa imparare a volare fuori dal proprio ambiente, a staccarsi dalla terraferma di ciò che è conosciuto per lanciarsi verso ciò che è diverso – italiano, tedesco o inglese che sia – come il pulcino Galileo della bella favola di Alessandra Sartori.
Del resto, il bambino attribuisce una grande importanza alla forma sensibile delle parole che, in quanto entità viventi, hanno di per sé un valore intrinseco. Questa forma è il suono, ma anche l’immagine grafica, la scrittura. Si tratta quindi di cominciare a sensibilizzare i bambini alle similitudini sensibili proprie della scrittura, in quanto tali similitudini “saltano agli occhi”. Le immagini delle parole si rassomigliano: “poussin, pulcino”, “cuore, cœur”, “boat, bateau”, “mar, mer, mare”. E tutte rinviano alla stessa immagine, alle belle immagini spesso calligrafiche di Antony Fachin, vere e proprie guide alla comprensione dell’altro: una comprensione dell’altro che, nel nostro mondo, passa anche per quella della sua lingua.
(Dalla prefazione di Nicolas Boldych)